venerdì 22 gennaio 2010

Il terremoto di Haiti (Corriere della Sera)

Apocalisse ad Haiti l' isola rasa al suolo

Dieci scosse terrificanti in pochi minuti e Port-au-Prince non esiste più, tutta l' isola di Haiti è un cimitero. La capitale del Paese più povero del continente americano è rasa al suolo. È un non-luogo di gente che gira smarrita fra cumuli di macerie, fra polvere e sangue. Un' ecatombe. Settimo grado della scala Richter alle 16.53 (22.53 in Italia), confermano i sismologi: quanto basta per contare migliaia e migliaia di morti. «Centomila» secondo la stima del premier Jean-Max Bellerive, «trenta-cinquantamila» stando al presidente Renè Preval, «forse anche più di cinquecentomila» a sentire il senatore dell' opposizione Youri Latortue. Ad Haiti vivono quasi 10 milioni di persone, 80% delle quali ben al di sotto della soglia di povertà (reddito medio pro-capite 1200 dollari l' anno). Di quei 10 milioni «almeno un terzo è stato coinvolto in qualche modo dalla catastrofe», ha fatto sapere da New York il sottosegretario Onu agli affari umanitari John Holmes. Ma nessuno ha davvero contezza di quanti siano i feriti né i dispersi. Le sole certezze sono sotto gli occhi di chi vaga alla ricerca di un fratello, un figlio, una madre. Sono le urla di aiuto che arrivano da sotto le macerie. Sono i palazzi crollati per una sorta di orribile effetto domino: il parlamento, la cattedrale, il palazzo presidenziale, il quartier generale dell' Onu, la sede centrale della polizia, tre ospedali su quattro. E poi alberghi, negozi, case. Tutto abbattuto dalla violenza del sisma che ha fatto ondeggiare e sussultare ogni cosa. Le comunicazioni sono quasi completamente interrotte. Funzionano soltanto i telefoni satellitari e, non sempre, le connessioni Internet. La torre di controllo dell' aeroporto internazionale di Port-au-Prince è crollata e da due giorni aerei ed elicotteri atterrano a vista. Tonnellate di generi di prima necessità e di medicinali sono in arrivo da tutto il mondo (Italia compresa) negli aeroporti più vicini alla capitale haitiana, soprattutto nella vicina Repubblica di Santo Domingo da dove si possono raggiungere le zone terremotate con i collegamenti stradali. La Banca mondiale ha annunciato ieri pomeriggio lo sblocco di 100 milioni di dollari per Haiti. La Croce Rossa internazionale ha lanciato un appello per raccogliere 10 milioni di dollari. Ma quello che più serve ora, ripetono gli operatori umanitari al lavoro ininterrottamente da martedì, è l' aiuto di personale medico e paramedico, sono le tende per la popolazione che vive in strada, gli ospedali da campo. Anche i soldati, per cercare di rimuovere più macerie possibili, per fronteggiare gli sciacalli in azione fin dalle prime ore e per recuperare le vittime sotto i palazzi crollati e arginare così il rischio, alto, delle epidemie. Nella lista dei morti di Port-au-Prince ci sono anche i nomi dell' arcivescovo Serge Miot e del capo della missione delle Nazioni Unite, il tunisino Hedi Annabi. Assieme a lui sono rimasti intrappolati fra i detriti decine di caschi blu e molti dipendenti Onu (17 finora i morti, 150 i dispersi). E con il passare delle ore diventa sempre più difficile trovare superstiti. Per molti abitanti della capitale di Haiti la differenza l' ha fatta la miseria: migliaia di poveracci si sono salvati anche se le baracche, di lamiere e cartone, sono crollate come tutto il resto. È un mucchio di macerie pure il carcere di Port-au-Prince da dove alcuni detenuti sono riusciti a scappare, così adesso fra le mille necessità c' è anche quella di cercare i fuggitivi. Gli Stati Uniti, in prima linea negli aiuti di ogni genere, non escludono di utilizzare la famigerata base di Guantanamo, a Cuba, per accogliere eventuali prigionieri oppure rifugiati provenienti da Haiti. Gli scienziati, ieri, hanno tradotto in numeri l' apocalisse haitiana: in tutto 35 scosse (10 più forti), nessuna sotto i 4.5 gradi Richter, l' energia liberata è stata pari a quella di una bomba H da 32 megaton, mille volte più distruttiva dell' atomica sganciata su Nagasaki nel 1945. Giusi Fasano RIPRODUZIONE RISERVATA Allarme saccheggi Da subito sono cominciati i saccheggi. Distrutti Palazzo presidenziale, sede dell' Onu e cattedrale

Fasano Giusi

(14 gennaio 2010) - Corriere della Sera

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